Nota su un colloquio di lavoro: Leonardo Da Vinci, la tecnologia e le competenze trasversali

17/03/2021
Leonardo

Storia vera. Qualche giorno fa mi hanno chiesto se sono Leonardo da Vinci. Ho capito che era mi stavano perculando quando, subito dopo, mi hanno chiesto se so chi è Leonardo da Vinci.

La scena si svolge così: colloquio di lavoro via Zoom. Io, che mi candido senza avere tutte le skills richieste né le idee molto chiare su che cosa sto facendo. Lui che è il presidente di una piccola agenzia di comunicazione digitale, cerca un front-end developer, ha visto il mio curriculum e non gli è piaciuto. Ma, come si affretta a dirmi, ho un angelo in paradiso, perché qualcuno della sua cerchia invece è rimasto colpito dalla mia presentazione o dal mio portfolio e ha deciso di prendermi in considerazione. Ora, se mi conosci sai che innanzitutto non mi piace essere trattato come una verdura da esposizione alle sagre di paese. Tollero il giudizio e tutto quello che ne consegue, ma certe insulse dimostrazioni di potere mi fanno ridere di chi le agita (certo, lo so che la mia è solo arroganza, ma spero di portarti a capire da dove viene).

Comunque andiamo avanti. Mi hanno scelto, mi ripete, perché sono un profilo strano. Sono il profilo più strano che abbiano ricevuto, e allora valeva la pena guardare in faccia il pazzo strano che c’è dietro a questo curriculum con foto.

La stranezza di cui tanto andiamo parlando possiamo riassumerla più o meno così: sono un umanista che è nato e cresciuto gomito a gomito con le tecnologie informatiche. Anzi, è la tecnologia che in un certo senso è “cresciuta con me”. Credimi, ho riflettuto molte volte su che cosa ha significato nascere appena dopo il mitico Windows 95, vivere la mia infanzia negli anni della rivoluzione digitale, nell’occhio del ciclone, in una casa piena di macchine che di mese in mese cambiavano e diventavano più potenti e complicate. Questo è il mio background ed è anche il motivo per cui:

  1. intravedo un legame strettissimo tra la Storia sociale recente (e futura) e lo sviluppo delle tecnologie a tutti i livelli: medico, architettonico, ecologico, il modo in cui mangiamo, viaggiamo, spendiamo i nostri soldi, dai media di massa agli algoritmi utilizzati nella finanza).
  2. Mi adatto con estrema facilità all’uso degli strumenti informatici che non conosco – o, come dicono le HR, ho una naturale propensione per il fast learning.

In soldoni: sono uno smanettone che non è più capace di distinguere la “tecnica” della comunicazione in senso stretto dalla “tecnica” che sta dietro agli strumenti di comunicazione. Gli stessi studi che mi hanno portato a interrogarmi su come funziona l’informazione nel mondo d’oggi (per esempio attraverso la storia del giornalismo), mi hanno portato anche a imparare le tecniche di Ottimizzazione per i motori di ricerca (SEO). Se c’è un confine tra informatica e comunicazione, tra studi umanistici e scienze, io non lo so più tracciare (e non a caso, penso, il termine “umanesimo” racchiude entrambi). Ad ogni modo, questa è la mia stranezza.

Capirai, dici tu. Lo dico pure io. Il mondo è pieno di romanzi cyberpunk, articoli di tech, e perfino i tutorial di Aranzulla sono scritti da qualcuno che di comunicazione ne capisce eccome. Tutta questa mia fantomatica stranezza è quello che, nelle giornate buone, chiamano competenze trasversali, assolutamente niente di nuovo. Allora perché io dovrei essere Leonardo Da Vinci?

Da un lato sembra che le competenze trasversali possano salvare il mondo da un giorno all’altro. Si aprono corsi universitari interfacoltà che vivono sostanzialmente di questo approccio (come per esempio quello in Intelligenze Artificiali dell’Università di Milano-Bicocca). Verissimo. Dall’altro lato però troviamo un mondo del lavoro che non è assolutamente pronto ad accogliere e a posizionare persone con questo tipo di forma mentis, e non parlo solo di collocazione all’interno di un team, ma dello stesso accesso al lavoro.

Probabilmente non lo sai, ma la gran parte delle HR si servono di algoritmi di analisi come questo che, sulla base di alcuni parametri possono operare una scrematura dei candidati prima ancora che intervengano la sensibilità e l’esperienza di un essere umano (curioso come la dicitura “risorse umane” suoni stranamente unilaterale di questi tempi). Nei casi più semplici questi indicatori possono corrispondere al grado di istruzione, alle competenze tecniche e linguistiche, agli anni di esperienza ecc., ma anche la presenza di determinate parole chiave all’interno dei cv è importante. E tuttavia il fatto che le macchine sappiano leggere (googlebot, dico sempre a te!), non significa che capiscano. Il tipo di selezione che opera un algoritmo finisce inevitabilmente per svantaggiare i candidati che hanno un curriculum più… strano. Ed eccoci qui, Leonardi rifiutati, laureati con solo il 98, mentre organizzavano eventi e scrivevano articoli e magari leggevano di politica e imparavano a usare SEOZoom, andavano a scalare il Kilimangiaro, in ritiro spirituale tra i monaci buddisti, erano volontari della Croce Rossa o semplicemente stavano studiando qualcosa d’altro.

Nella loro complessità, le cosiddette competenze trasversali aprono la strada a una società veramente organica nella quale ogni individuo si inserisce attraverso il lavoro, nella quale si immerge per intero con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, le sue esperienze, le sue epifanie, le sue tendenze, e allora sì, interrogami e dimmi quello che pensi di me. Solo, per farlo dovresti essere disposto a vedere chi sono, in ogni aspetto, tutto quanto – anche di quando stavo cercando di installare Linux e ho scoperto per caso che posso entrare nel tuo computer senza bisogno della password, anche di quando a quattordici anni mi sono photoshoppato e messo su Facebook (il vecchio Facebook) perché ero stufo del mio blog, anche di quando ho letto William Gibson e ho pensato ai grandi visionari, o al rapporto tra la Bibbia e 2001: Odissea nello spazio.

28/02/2023

Aggiungo a margine: anche nel mio corpo trans* e nelle mie posizioni politiche.

Allora lo vedi anche tu: nuove forme di lavoro richiedono nuove regole d’ingaggio – smettere di giudicarmi per il mio sorriso e il mio voto di laurea, e cominciare a chiederti che cosa c’è di utile, che cos’è quella cosa davvero interessante che andrà a compensare la mia laurea in Scienze della Comunicazione (che evidentemente è un difetto), la mia arroganza, la mia scarsa socialità eccetera eccetera.

Il problema non è il fatto che io sia Leonardo Da Vinci, ma precisamente il fatto che non lo sia. Competenze trasversali non significa assumere una sola persona che faccia il lavoro di due, ma assumere una persona che faccia il suo lavoro con uno sguardo differente. Se quello che mi viene richiesto, nella mia stranezza, è di eccellere in tutti i campi, in competizione con chi si occupa dell’uno e dell’altro con uno sguardo forse meno strano, allora questo no, non lo posso fare. Non sono mica Leonardo Da Vinci.

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