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Non leggete i libri, fateveli raccontare 📚

Crafting di luglio 2023 – Perché e come la lettura può ancora essere un’esperienza politica…

13/08/2023

Il sole, il caldo, l’estate che avanza… e tu hai già messo in valigia costumi da bagno, crema solare, sandali e calze bianche?

🏖️ Se non hai ancora scelto le letture da portare sotto l’ombrellone, ecco i libri che devi assolutamente leggere quest’estate.

Nessuno.

Benvenutә al crafting di luglio!

Siamo il CollettivoContesto, e come forse già sai, ci piacciono i libri.

Se anche tu leggi libri, complimenti! Hai accesso alla summa della conoscenza prodotta dall’umanità e sicuramente questo ti renderà una persona libera e felice per tutta la tua vita (qualcunә dice pure dopo). C’è solo un problema: sei una minoranza.

Secondo il rapporto Istat sulla lettura del 20223 persone su 5 in Italia non leggono neanche un libro l’anno (qualunque libro, che sia il manuale di scuola guida o un Proust qualsiasi).

Per questo, il settore dell’editoria libraria è in perdita da anni, la pluralità di voci indipendenti si è andata riducendo nel tempo, e dal 2016 alcune tra le più grandi e note case editrici generaliste sono entrate a far parte di un monopolio che fa capo a Marina Berlusconi. Il libro digitale ha disatteso le promesse, anche per via dei prezzi insensatamente alti e della scelta di molte case editrici di non investire nelle edizioni digitali. Negli ultimissimi anni sono aumentati anche i prezzi di copertina del cartaceo rendendo la lettura ancora meno accessibile.

Alla crisi del mercato, le editrici hanno risposto moltiplicando la scelta: paradossalmente, poche persone leggono, eppure si pubblicano sempre più titoli, che hanno tirature ridotte e ciononostante enormi quote di invenduto destinate al macero.

L’industria culturale ha anche iniziato a fare proprie alcune tecniche di marketing nuove per questo settore, come la sponsorizzazione sui social media e l’influencer marketing (soprattutto il cosiddetto BookTok, approfittando del fatto che la fascia anagrafica in cui si legge di più corrisponde a quella della maggior parte dell3 utenti di TikTok); oltre alle consuete presentazioni in librerie, circoli, biblioteche e festival, le case editrici lanciano e gestiscono gruppi di lettura, intervengono e indirizzano il discorso delle community, soprattutto quelle su Instagram e TikTok.

A differenza degli instant books, fioriti in massa durante la pandemia, e che richiedono un lavoro editoriale seppur minimo, la principale tecnica di marketing non ha nulla a che fare con la cultura. Il marketing che fa leva sulla FOMO (Fear Of Missing Out) è così diffuso da essere ormai sostanzialmente trasparente. Ogni nuovo libro, al momento della sua uscita, è raccontato come immancabile, irrinunciabile, essenziale, il nuovo capolavoro della letteratura del suo genere ecc. (per arrivare al grottesco di certe fascette).

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Questo weekend ne abbiamo fotografate due a caso

In altre parole, la strategia di molte case editrici è vendere il libro come un bene di consumo. Vale per il bestseller dell’estate e per il romanzo dei vip, ma detta anche le modalità con cui vengono selezionati e proposti i testi “letterari” e i saggi di teoria.

Dall’altra pare, secondo una certa narrazione il libro è un oggetto con proprietà mitiche quasi alchemiche, la cultura “alta” come panacea di tutti i mali (da cui ignoranza → razzismo e cultura → tolleranza), e il marketing editoriale incoraggia quell3 2 su 5 a diventare pienamente sé stess3 attraverso l’acquisto del libro, possibilmente l’ultimo uscito.

Leggere è quindi al tempo stesso una scelta di consumo, ma anche un atto identitario, che ci qualifica come persone edotte e progressiste in senso liberale. Ma naturalmente la domanda che nasce da questa intersezione è: quale tipo di identità e quale libertà possono nascere dal consumo?

 

Leggere libri non ti renderà liberә

Per scrivere questa newsletter abbiamo indebitamente saccheggiato Luciano Bianciardi, che come noi (e il nostro libraio di fiducia) rivendica una visione della cultura ben poco romantica. Il suo articolo Non leggete i libri, fateveli raccontare (nell’omonimo volume) è un invito al giovane aspirante intellettuale a essere cinico, a fare finta di aver letto tutto per partecipare a un ambiente culturale fondato sul privilegio e la posa.

geppi cucciari non ha letto

Ma quello che noi vi proponiamo qui è di prendere il suo Non leggete i libri, fateveli raccontare in un altro senso, un senso ancora più letterale: non come via per accedere a uno status di intellettuale (che comunque oggi non è più possibile) ma come strumento per liberarsi dall’autorità dell’autore e potenzialmente da qualunque altra. Insomma un senso politico.

 

Non leggete i libri…

Dal punto di vista politico, il primo e più importante problema dei libri è che sono escludenti. Innanzitutto, come abbiamo detto prima, è escludente per quelle almeno 3 persone su 5 che non hanno dimestichezza con l’oggetto libro, né hanno particolare simpatia per il soggetto identitario che vi si costituisce intorno – e di certo non se lo vedono bene cucito addosso.

Inoltre, il libro richiede particolari competenze e circostanze:

1. per essere prodotto (non tutte le voci possono usare la scrittura, raggiungere il sistema editoriale e sperare di attraversarlo indenni);

2. per essere raggiunto (il libro ha un mercato, una distribuzione e un costo, con tutti i loro problemi circostanziali);

3. per essere fruito (saper leggere la lingua e il linguaggio di un particolare libro non è patrimonio comune a tutti i viventi).

Un secondo problema di ordine culturale è che la lettura è oggi una pratica quasi esclusivamente individuale, che richiede tempo e fatica, e perciò trova raramente le condizioni per essere condivisa. Quanto è più facile parlare del film all’uscita dal cinema o dello show all’uscita da un concerto, che parlare di un libro dopo che si è letto da sol3 o con qualcunә? Se la politica, come sosteniamo, non esiste se non nello scambio, nella dimensione del sociale, come possono i libri essere strumenti utili alla politica?

Un terzo problema di alcuni libri (parecchi ma fortunatamente non tutti) riguarda la specificità politica del loro contenuto. Per motivi che noi non sappiamo con chiarezza, la politica è più spesso trattata come un argomento che come un’esperienza (potenzialmente accessibile a chiunque). Perciò, quando si parla di politica, i libri scritti tendono a proporre analisi e valutazioni, ci forniscono utilissimi strumenti critici, ma molto raramente ci danno degli esempi di cosa possiamo fare.

 

… Fateveli raccontare.

I libri servono ancora nel loro intento di informare la pratica politica, suggerire connessioni, entrare in contatto con alterità possibili; sono ancora un mezzo molto potente. Ma come usarlo?

Nel giardino punk è nata una pratica di condivisione e lettura a voce alta, con cui creiamo spazi di relazione, che spesso confluiscono nelle note che scriviamo per portare i discorsi anche all’esterno. Non ci occupiamo di esegesi e critica letteraria, né di studiare l3 autric3. La nostra pratica non vanta nessun distacco accademico, e spesso non è neanche molto tranquilla. Leggendo partecipiamo emotivamente: discutiamo, ci esaltiamo, ci incazziamo, (troppo spesso) non capiamo.

virginia raffaele non ho capito un cazzo

I libri ce li raccontiamo, e con loro (e tra noi attraverso di loro) costruiamo un rapporto che supera la descrizione che ne dà il marketing, per vederli non come oggetto libro ma come la tecnologia del testo.

Fin dall’inizio, il nostro obiettivo è stato quello di trarre dai testi e dalle storie gli strumenti teorici e politici che ci servono. In questo raccogliamo le esperienze dei gruppi di autocoscienza femministi e dei progetti di traduzione collettiva, come quello del gruppo di ricerca indipendente Ippolita sul testo di Susan Stryker o quello di Les Bitches su Xenofemminismo del gruppo Laboria Cuboniks. Dall’altra parte, ci ispiriamo alle pratiche radicali della scrittura di blog e zine: un modo per portare i testi e il loro contenuto fuori dalle logiche del diritto d’autore (i concetti spiegati, a differenza dei testi, non hanno il copyright).

Sono tutte modalità per creare uno spazio diverso intorno ai testi, per viverli in relazione con altre persone, la parola viva insieme alla parola stampata; non per dare autorità a qualche espertә su un testo, ma al contrario per costruire una sorta di rete di auto-mutuo-aiuto concettuale, esperienziale e politico.

Come la pentola a pressione e il feed RSS, vogliamo pensare a uno spazio conviviale in cui inserire queste conoscenze perché possano produrre autonomia restando consapevoli della nostra interdipendenza reciproca.


Per lasciarti, ti suggeriamo una serie di spunti che vengono dalle nostre esperienze di lettura e dibattito:

  • pensa di invitare le persone al tema e non al testo;
  • lascia aperto un canale di risposta;
  • pratica la laicità verso l’autorità dell’autore (anche Galileo ha sbagliato delle cose);
  • la parola viva vale in ogni caso di più della parola scritta;
  • non dare per scontato che le altre persone abbiano letto il testo
  • o lo possano leggere
  • o abbiano qualche intenzione di farlo.

Allora ecco due libri utili allo sviluppo di una pratica politica: uno fa le domande e l’altro racconta le esperienze. La forza della nonviolenza di Judith Butler e il volume di Comitato Invisibile che contiene L’insurrezione che viene e Ai nostri amici hanno guidato la riflessione sulla violenza politica.

Leggi l’articolo: Perché dovremmo farci carico della violenza politica

Crafting

/ˈkrɑːf.tɪŋ/ – noun. The activity of skilfully creating something such as a story. Examples:
  • So much care went into the crafting of the narrative.
  • She saves fabric scraps and old buttons and uses them for crafting.

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