In uno dei saggi della raccolta L’arte del romanzo, Milan Kundera si domanda quando è lecito scrivere un romanzo, ossia quali sono i temi e gli stili che sono più appropriati alla forma romanzo, e dunque cosa rende un romanzo un buon romanzo. La risposta che Kundera si dà, in una diversa articolazione, è simile a quello che implicitamente sostiene Walter Siti in questo libro.
Un romanzo è un buon romanzo quando per il suo tema e ancora di più per il suo stile, porta alla luce cose che nessun’altra forma espressiva avrebbe potuto far emergere. Le contraddizioni, le chiama Siti, la complessità, i lati oscuri degli eroi. L’odio, la rabbia, l’angoscia vissute: a guidare gli scrittori è «la passione di esporsi al trauma.»
Per questo i romanzi come mero strumento per promuovere i buoni sentimenti e la giustizia sociale senza conflitto, non sono romanzi riusciti. La semplificazione che cercano di combattere è lo stesso oggetto con cui cercano di combatterla. Walter Siti lo sostiene non come scrittore od opinionista, ma come critico letterario. I libri che prende in esame (Roberto Saviano, Michela Murgia e Gianrico Carofiglio, tra gli altri) sono deboli in quanto romanzi, indeboliti non dalla qualità della scrittura, ma dal suo intento perorativo, dal desiderio di mostrare al lettore il Bene senza macchia.
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