Cose interessanti che si trovano in qesto libro, raccontate per chi ha di meglio da fare che leggerlo
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Il terrorismo italiano 1970-1978 // Giorgio Bocca

Perché in Italia abbiamo avuto il terrorismo e altri nodi non sciolti della storia della violenza politica.

16/03/2024

In un articolo sul giardino ho esposto un’elaborazione circa la violenza politica, molto poco farina del mio sacco, che in due parole suonava così: non possiamo eliminare la violenza dalla nostra politica, possiamo solo scegliere come farcene carico.

Capisco che sembra un’affermazione un po’ forte, e capisco che dire «è più complicato di così» (e invitare a leggere un articolo che cita Judith Butler a piene mani) non aiuta molto. Penso che un contro-esempio a quanto dico nell’articolo possa essere più utile.

Per farlo prendiamo il gruppo politico violento per antonomasia (almeno nel nostro paese): le BR. Analizziamole non da soli ma con Giorgio Bocca e il suo libro Il terrorismo italiano 1970-1978.

Un libro un po’ démodé, scritto quasi in presa diretta (pubblicato proprio nel 1978, pochi mesi dopo il sequestro Moro) e con toni sempre saccenti, come si addice a un giornalista come Bocca. Un libro che non aiuta molto nel ricostruire i fatti di quel periodo per chi non li conosce già, ma che ha un grande pregio: tenta costantemente, in modo profondo e umano di capire perché ci sia stato il terrorismo in Italia. E lo fa citando i comunicati delle BR, ma anche cercando di capire loro, che hanno materialmente fatto la lotta armata, e il loro contesto teorico, sociale ed emotivo.

Le BR, ci racconta Bocca, si sentono chiamate all’azione dalla contraddizione esplosiva causata dal tardo capitalismo e dal nascente – così lo definsicono – SIM, lo Stato Imperialista delle Multinazionali. La violenza del sistema è evidente per le BR, ed è solo questione di tempo prima che diventi esplicita per tutta la classe operaia, tendenzialmente con un golpe e una durissima repressione autoritaria – da cui la scelta necessaria della lotta armata.

Ma la contraddizione che muove le BR, per Bocca, è diversa. Non è la contraddizione del Capitalismo, categoria monolitica che mal si presta a interpretare l’Italia del clientelismo, del trasformismo e del tradimento della sinistra storica, ma le contraddizioni di un paese che non sa fare i conti con sé stesso. Un paese che ha avuto un partito comunista violento che diventa un partito di burocrati e amministratori, un partito di centro che ha volutamente fomentato il neofascismo pensando di poterlo lasciare per sempre ai margini, dei sindacati che non credono alla rivoluzione ma sperano che tutto cambi, poteri separati e antagonisti (industria, DC, polizia, servizi segreti…) che contavano sul fatto che il loro equilibrio si sarebbe mantenuto immutato. Un paese che non ha mai affrontato i problemi che ha acuito (prima fra tutti la lotta di classe), ma non ha mai neanche ammesso di non avere gli strumenti o l’interesse di farlo, che fossero di destra o di sinistra.

Le BR portano quelle contraddizioni dentro, e ancora un’altra che è forse più grande di tutte: che non saranno loro a dover fare la rivoluzione. La violenza gliela impone il sistema, la rivoluzione gliela porterà il proletariato – questi due punti sono assodati. L’unica cosa che rimane da fare è elaborare una teoria su come trovarsi nel posto giusto al momento giusto, e questa gliela dà la tradizione marxista:

[Q]uando non si riesce a trovare una via praticabile per abbattere il sistema della produzione industriale si ricorre alla sua autodistruzione; se non c’è il mezzo di spiegare come il sistema abbia fatto a smentire le infinite profezie marxiste di sventura si afferma che però, adesso, sta veramente con le spalle al muro avendo divorato tutti gli spazi riformistici e repressivi; e siccome poi bisogna in qualche modo spiegare perché, in tante difficoltà, bene o male continua a dominare il mondo ecco il perverso SIM o stato imperialista delle multinazionali. Ma così facendo, mescolando verità macroscopiche a pure invenzioni, osservazioni corrette a utopie si va poco lontano, si rifiuta in sostanza l’unico dato certo, la complessità e la imprevedibilità della civiltà in cui viviamo.

 

[…] Da questa folle speranza di “dar l’assalto al cielo” di ricreare ad ogni generazione il mondo con il puro volontarismo rivoluzionario derivano i rifiuti della realtà. Mentre sarebbe considerato folle o mascalzone chiunque parlasse di capitalismo, proponesse una società capitalistica senza tenere presente il capitalismo reale degli Stati Uniti e dell’Europa comunitaria viene accettato come normale o naturale uno che parla di socialismo come se il socialismo reale fosse inesistente e non avesse il minimo peso nelle nostre eventuali faccende rivoluzionarie. Ed ecco i vari Toni Negri affidarsi per un nuovo modo di produrre a un comunismo spontaneo, nascente, miracoloso il quale dovrebbe comunque funzionare “perché la classe operaia è la migliore delle classi e non può essere peggio della mediocre e corrotta borghesia”.

La differenza con la presa di coscienza della violenza di cui parlo nel mio articolo è, spero, molto evidente quando messa a confronto con la mancanza di responsabilità delle BR. La violenza (almeno dal punto di vista di chi non è d’accordo con noi) la dobbiamo fare, certo, ma non è una violenza per qualcun altrə, per il proletariato o per la storia. È quella violenza che comporta far cessare una violenza che subiamo; è la violenza di sottrarsi dall’oppressione; è la violenza di creare uno spazio radicalmente diverso, qui e ora, in cui sappiamo di voler vivere.

Le BR, come ci spiega Bocca, non volevano stare con la loro violenza – la violenza dei rapimenti, degli agguati e poi degli omicidi – ma con la violenza prevedibile del capitalismo e quella bella del proletariato. Quella della rivoluzione comunista, che non ci sarebbe stata.

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