Cose interessanti che si trovano in qesto libro, raccontate per chi ha di meglio da fare che leggerlo
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TAZ // Hakim Bey

Zona Autonoma Temporanea, Terrorismo Poetico e Anarchismo Ontologico: tre concetti (più un bonus) estratti dai saggi di Hakim Bey raccolti in T.A.Z.

24/07/2023

Spiegare il pensiero di Hakim Bey è una causa persa in partenza. In più, per i testi raccolti in questo volume, la forma è così legata al contenuto che l’esperienza di leggerli è insostituibile.

Qui il libro gratuito

In ogni caso, ecco tre concetti di cui prendere nota:

  1. la Zona Autonoma Temporanea
  2. il Terrorismo Poetico
  3. l’Anarchismo Ontologico

 

La TAZ

La TAZ, Zona Autonoma Temporanea (o Temporaneamente Autonoma) è qualcosa che lo stesso Hakim Bey si riserva di non definire precisamente. È un evento, un’insurrezione e/o una festa (alcuni ambienti raver tutt’oggi rivendicano il nome TAZ). È un’esperienza carica di significato sociale, politico e forse spirituale.

La raccomandiamo perché può garantire la qualità di arricchimento propria della sollevazione senza portare per forza alla violenza…

Infatti la TAZ non cerca lo scontro diretto, al contrario, vive della sua invisibilità e della facilità di apparire e poi scomparire non appena viene tracciata. È un carnevale, un ballo improvvisato, un gioco collettivo senza regole, un’esperienza di incontro e di piacere. Vive nello spazio del “troppo piccolo” per essere mappato dalle istituzioni, in quella zona interstiziale che con una bellissima metafora Hakim Bey descrive come lo spazio di complessità che va perso quando lo stato, per conoscere il territorio e controllarlo, lo mette in scala e ne produce una mappa.

Su quello che succede all’interno della TAZ, le possibilità sono infinite. Di certo si configura come uno spazio di assoluta libertà, un momento di gioia e di caos generativo, secondo quel principio anarchico di prefigurazione per cui i mezzi per arrivare a un obiettivo dovrebbero avere la stessa forma dell’obiettivo stesso – o detto con Malatesta, «Non solo il fine non giustifica i mezzi, ma sono i mezzi che giustificano il fine».

 

Il Terrorismo Poetico

I mezzi appunto. Insieme alla TAZ, il terrorismo poetico è un altro strumento efficace secondo Bey per arrivare a una rivoluzione che sia innanzitutto una rivoluzione dell’immaginario, che rompa con gli schemi e le norme precedenti e si distanzi il più possibile dalle tendenze gerarchizzanti della nostra società e che danno forma alle nostre azioni e identità. Il problema, per così dire, non è solo il sistema in sé, ma anche il sistema in me.

Bey se la prende con un immaginario di realismo capitalista (ma non solo), controllo, «arte sadica» – esaltazione del dolore, del sacrificio e della morte. Contro questo immaginario, propone di darsi al terrorismo poetico, ossia l’azione forte, inaspettata, ferma contro la norma, il «sabotaggio degli archetipi».

Questa violenza estetica (solo estetica) ha il doppio ruolo di mettere in discussione la totalità della rappresentazione egemonica, e al tempo stesso di proporre nuove e molteplici forme e rappresentazioni, immaginari e soggetti, per recuperare l’entusiasmo e la gioia. L’obiettivo, qui come altrove, non è creare una nuova norma (come quando l’estetica controculturale diventa mainstream) ma moltiplicare le rappresentazioni nella sfera del caos e della complessità irriducibile.

 

L’Anarchismo Ontologico

Il centro del discorso di Hakim Bey è la categoria di Anarchismo Ontologico, che lui stesso immagina per dare conto della crasi tra concezione anarchica e l’esperienza umana in toto, inclusa ed esaltata la sua componente spirituale.

L’Anarchismo Ontologico immagina per il futuro

Un paleolitismo psichico basato sull’Hi-Tech – post-agricolo, post-industriale, “Zerolavoro”, nomade (o “Cosmopolita sradicato”)…

un’utopia cioè per certi aspetti simile ma molto più estrema anche del solarpunk radicale (nella sua tensione utopica perlomeno, e infatti Hakim Bey parla esplicitamente di “futuro” in questo paragrafo, non di progetto).

In questo si oppone sia alla tradizione anarchica più classica e “razionalizzante”, sia a quello che chiama «molle anarchismo anti-techno», rifiutando il «determinismo tecnologico» per esempio di Ivan Illich (ci torneremo prestissimo!). Scrive:

L’anarchismo offre una messa nera (& rossa) per deritualizzare tutti i cervelli ossessionati dagli spettri [della Chiesa] – un esorcismo secolare – ma poi si tradisce instaurando una propria Chiesa, muffa di Umanismo etico, Libero pensiero, Ateismo muscolare & cruda Logica cartesiana fondamentalista.

E ancora:

L’anarchismo deve svezzarsi dal materialismo evangelico & dal banale scientismo bidimensionale ottocentesco. Gli “stati superiori della coscienza” non sono meri spettri inventati da preti cattivi.

Ad ogni modo, all’interno di un cambiamento radicale dei simboli e delle rappresentazioni, così come dei rapporti, del desiderio, della soggettività e dell’esperienza della coscienza, gli strumenti che propone restano finalizzati a un obiettivo ben preciso:

Lo scopo è cambiare il mondo, non cambiare la coscienza.

 

Bonus track: sulla responsabilità

Fuori contesto Hakim Bey scrive questa cosa, su cui sicuramente torneremo (grassetti nostri):

… rifiutiamo ogni censura di Chiesa & Stato ma “dopo la rivoluzione” saremmo anche disposti ad assumerci la responsabilità individuale & personale di bruciare tutto il pattume di snuff-arte stile squadroni della morte & espellerla di corsa dalla città. (In un contesto anarchico la critica diviene azione diretta.)

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