Sono multipotenziale, ma non nel capitale

Perché multipotenzialità non è sinonimo di iper-produttività e sfruttamento, ma forse è proprio il contrario.

20/12/2022
Leonardo

Questa settimana ho scritto tantissimo, dopo mesi in cui scrivevo solo per lavoro, sono tornato ad apprezzare la scrittura collettiva in libertà. La settimana scorsa invece l’avevo passata a fare l’uncinetto tra unə cliente e l’altrə: concentrarmi su qualcosa di manuale, minuzioso e ripetitivo è un ottimo un modo per perdere di vista il quadro completo e il suo carico di stress. In più ho scoperto che mi tiene a contatto con il valore degli oggetti materiali, una piccola resistenza concreta agli imperativi del consumo che si scatenano, come sempre in questo periodo, intorno ai regali di Natale.

Insomma, la mia settimana-tipo, per così dire, mette insieme il lavoro di copy, il lavoro di sviluppo web, le assemblee e la politica, i turni da barista nel circolo dove sono volontario, e poi scrivo appunto, studio (sempre) due o tre cose, mi dedico alle persone, non molte, ma con cura spero. Ho anche ricominciato a cantare, avevo smesso prima di iniziare a prendere testosterone, mi è mancato. Con la primavera vado a pattinare.

La mia vita ha sempre funzionato pressappoco così. Il punto che spero di averti trasmesso è che ognuna di queste attività risponde a un mio preciso bisogno, e che a volte queste cose si intrecciano, altre volte continuano parallelamente per anni e anni, oppure finiscono, oppure ritornano in modo molto spontaneo.

23/03/2023

Cosa vuol dire multipotenzialità?

Il discorso sulla multipotenzialità è un dibattito ancora aperto. Se fai una veloce ricerca troverai tante persone che si riconoscono come multipotenziali, quante argomentano che la multipotenzialità non esiste. Io sono d’accordo e in disaccordo con entrambe.

Scrivono su Wikipedia (al 23/02/2023):

Multipotenzialità (dall’inglese multipotentiality) identifica la qualità e la capacità delle persone che hanno più interessi e attività, una forte curiosità intellettuale, sono creativi ed eccellono in più settori. Questo tipo di persone si definiscono multipotenziali.
Per alcuni aspetti il multipotenziale rappresenta l’opposto dello specialista.

Sai come la penso sul mito della creatività, e anche per quanto riguarda l’eccellere in più settori occorre decisamente chiedersi cosa significhi eccellere, chi detta gli standard e perché. Ma mi vengono in mente almeno altri due problemi che questa definizione di multipotenzialità solleva.

Primo: abbracciare la multipotenzialità

La multipotenzialità potrebbe nascere da un sentimento che ha bisogno di essere guardato più da vicino. Lungi da me considerare alcuni modi di vivere giusti o “sani” e altri “non sani”, tuttavia riconosco, a partire dalla mia esperienza, un particolare atteggiamento problematico: quello per cui a volte ci serve avere tante cose da fare per non fermarci mai a pensare.

Mi è capitato in determinati momenti della mia vita (per fortuna brevi), e credo possa capitare un po’ a tuttȝ. Il mio timore è che da questi momenti possa nascere un’abitudine e anche un modo di organizzare concretamente la propria vita comprendendo più impegni possibile, senza che rispondano davvero a un qualche bisogno o convinzione di chi se li prende. Una vita vissuta con il pilota automatico, che invece di spingerci a riflettere sul significato profondo delle nostre azioni e sul valore che diamo al tempo, ci rende passivȝ, immersȝ in una frenesia constante.

Un altro sentimento che guardo con sospetto è la cosiddetta FOMO, fear of missing out. Quella sensazione di ansia che ci spinge a fare e partecipare ed essere sempre presenti, soprattutto nelle occasioni sociali, e non magari con un vero interesse, ma per la paura di lasciarci scappare delle occasioni che potrebbero presentarsi.

Anche la FOMO, che ho sperimentato in passato, credo sia più diffusa che discussa. È utile a renderci più attivȝ, performanti e socievoli; ma che ci faccia stare male è abbastanza indubbio. In un certo tipo di “routine” multipotenziale vedo quella stessa ansia che ci dice che se non stiamo facendo nulla e con nessuno intorno, probabilmente non esistiamo.

Insomma, quello che mi spaventa è una “multipotenzialità” come status quo che risponde certo a un nostro momentaneo bisogno (quello di non pensare o quello di essere presenti), ma sul lungo periodo non ci fa stare bene, e forse non è sostenibile.

Peraltro la FOMO, così come il senso di inadeguatezza, non sono tratti con cui nasciamo, ma semmai in cui nasciamo. Non sono parti del carattere, sentimenti che emergono casualmente o che si sono naturalmente diffusi nella nostra società. Sono il frutto di una precisa scelta economica e di marketing che va a scapito nel nostro benessere, e contro cui non abbiamo ancora combattuto la nostro battaglia.

Secondo: vendere la multipotenzialità

La multipotenzialità, secondo la definizione che riportavo sopra, è un concetto che non solo nasce all’interno del capitalismo, ma è progettato, riprodotto e strumentalizzato dal modello economico capitalista.

È compito del marketing produrre narrazioni e immaginari che normalizzino e promuovano questo modello di vita multipotenziale. Ogni attività ci viene dipinta come interessante, allettante, facilmente raggiungibile, e questo naturalmente per venderti gli strumenti che ti servono per dedicartici. Un tipo di consumismo, insomma, che punta a farti percepire come indispensabili al tuo sviluppo personale quanti più oggetti possibile, e naturalmente indirizzarti attraverso i canali giusti dove acquistarli (possibilmente online). L’arricchimento personale ti raggiunge con corriere.


Questi sono tre dei possibili discorsi che mi vengono in mente. Potremmo aggiungerne molti altri, per esempio come la multipotenzialità può servire a coprire una profonda insicurezza rispetto alle cose che facciamo, fornendo per così dire un’uscita di sicurezza di fronte alla paura continua di fallire. Di nuovo un sentimento molto umano, che però può farci stare più male che bene. O ancora, talvolta un tipo di vita organizzata intorno alla multipotenzialità può avere l’effetto di iper-stimolarci dal punto di vista intellettivo (molto classicamente, smetti di dormire), fino a bloccarci del tutto.

Curiosamente, nessuno di questi aspetti è al centro delle critiche che vengono mosse alla multipotenzialità. Anzi noto che spesso queste critiche non si riferiscono al concetto, ma alle persone multipotenziali in sè.

Persone incapaci di impegnarsi sul lungo periodo, che si dedicano sempre e solo a ciò che gli dà un piacere immediato (con anche elaborazioni abbastanza complesse, come quella che trovi in questo video); persone che non meritano le cose, che non sanno fare sacrifici per raggiungere un obiettivo o un risultato competitivo (la persona che parla nel video, per esempio, sottolinea diverse volte di essere un campione di discipline mnemoniche).

Multipotenzialità radicale

Non mi interessa che queste critiche siano fondate o meno, quello che mi interessa è su quali valori si basano. Il sacrificio, l’impegno, l’abnegazione, la dedizione a qualcosa di esterno, il merito, la competizione e la ricompensa finale. Valori istituiti da una società e tramandati d/alle persone, modelli che ordinano la vita e l’orizzonte di possibilità dei singoli, senza che loro ne siano partecipi, a volte nemmeno consapevoli. Gli stessi valori che, tra le altre cose, oggi normalizzano e banalizzano lo sfruttamento intensivo ed entusiasta dellȝ lavoratricȝ da parte del capitale.

La multipotenzialità che mi interessa è quella che rifiuta consapevolmente e politicamente questi valori, che rivendica il suo diritto a costruirne di diversi, che possono essere lo sviluppo personale, la qualità della vita e delle relazioni o altri ancora. Mi interessa quella multipotenzialità che è incapace di impegnarsi in attività che non le danno nulla emotivamente, perché attribuisce troppo valore alla propria vita per sottostare a modelli di comportamento astratti a vantaggio di sistemi di potere.

Mi sembra chiaro che questi tipo di multipotenzialità non alimenta il mito della produttività, ma semmai rifiuta di mettersi al suo servizio. Rifiuta l’etica del sacrificio con la consapevolezza che il sacrificio che le è richiesto è inutile (ad esempio lavorare sodo per arricchirsi, in un mondo in cui arricchirsi potrebbe non essere un valore perché non ci permetterà di vivere bene).

È indubbio che la vita sia piena di sacrifici e compromessi, di momenti in cui bisogna perseverare, impegnarsi. Però vogliamo essere noi persone e comunità a decidere coi nostri valori come e quando perseguire un obiettivo. E in secondo luogo, gli obiettivi che raggiungiamo sono solo una tra le molteplici esperienze e possibilità, non ci definiscono.

E infatti, un altro grosso rifiuto che questa multipotenzialità restituisce alla nostra società è quello dell’identità, dell’individuo monolitico sempre uguale a sè stesso, che in ogni momento ha pressappoco gli stessi valori, desideri e priorità. L’individuo che si definisce all’interno di un lavoro salariato, una relazione monogama, forse una famiglia e un hobby strutturato. Che è insieme lavoratorə, partner, genitore e figliə secondo i nuclei di significato che questa società propone, e fuori da questi nuclei è poco o niente. Un individuo che è sempre capace di separare nettamente ciò che è da ciò che non è, un io (o al limite un noi) da un voi.

Quel modello di individuo, creato a garanzia di un ordine sociale stabile basato sulla produzione, la riproduzione e il consumo, non è capace di ridefinirsi velocemente. Per questo, non è la persona che può vivere bene in un mondo che si sta destabilizzando sotto molti punti di vista (l’economia, l’ambiente, i ruoli di genere, la centralità dell’umano ecc.). Se questo individuo, così come il multipotenziale, diventerà consapevole dei suoi molteplici desideri e capace di ricollegarli a una dimensione relazionale, interrogarsi sul perché esistono, dove lə collocano, che cosa lə comunicano sui propri bisogni fondamentali, e in che direzione lə spingono ad agire – allora quella è la persona che può ancora creare una società dove vivere bene.

Una definizione alternativa (molto più complessa)

Quindi cos’è questo tipo di multipotenzialità di cui parlo e a cui mi sento spinto ad aderire?

Una risposta a un senso di incertezza su chi sono iocome è fatto il mio futuro.

Una risposta radicalmente politica a un sistema economico che considera normale espropriarci del tempo della nostra vita e darci in cambio la soddisfazione di aver raggiunto un risultato col sacrificio, più un mucchio di oggetti prodotti poco eticamente.

Una risposta chaotic-good all’evidenza che il modo in cui inventiamo le nostre identità taglia fuori buona parte del nostro essere potenziale, e sulla cicatrice lasciata da quel taglio «si assesta la proprietà, si fonda la famiglia e si lega l’eredità. Su questa cicatrice si scrive il nome e si afferma l’identità sessuale.»

È vero, le persone multipotenziali sono quelle che stanno bene solo dedicandosi a mille cose diverse, sono dispersive e si fanno guidare dal sentire. Ma quante esperienze in più possiamo fare con un Sé disperso, quanto più audacemente e liberamente possiamo scegliere, quanto più apertamente possiamo dialogare lȝ unȝ con lȝ altrȝ se non sappiamo esattamente dove finiscono lȝ unȝ e dove iniziano lȝ altrȝ…

Senza una strada da percorrere, un’identità a cui aderire, un destino che ci aspetta. È solo un altro dei tanti modi concreti che ci sperimentiamo addosso per avvicinarci a un cambiamento.

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